Il PD, da quando è nato, ha un grande sogno: diventare una forza di
Governo seria e innovativa.
Proprio per questo c’è da chiedersi: perché tanta paura nell’agire?
Se da un lato è vero che la campagna elettorale del 2008 ha lasciato
lacune a livello formativo e organizzativo che ad oggi ci trasciniamo ancora,
che hanno creato quei difetti che non riusciamo a superare, dall’altro lato
però il PD sembra non tentare nemmeno quel passo in avanti, passo
indispensabile per “diventare grande”.
Da qui comincia il mio ragionamento sulle paure interne.
Facendo attenzione, dal 2008 al 2011 il Partito Democratico dava
l’impressione di aver paura a fare un’opposizione agguerrita, minacciata dalle
continue e noiose accuse di “comunismo” che la maggioranza di allora
costantemente lanciava a vanvera per zittirci.
Caduto il Governo di centrodestra ed entrando nella nuova maggioranza,
non c’è stata però quella tenacia e decisione nel tentare di ottenere qualcosa
di più dal Governo Monti. Perché se da un certo punto di vista era necessario
dare appoggio costante a un Governo Tecnico, chiamato a sistemare una
situazione nazionale drammatica, non è però così accettabile l’aiuto
incondizionato concesso a Mario Monti e alla sua squadra, che ha portato ad
accettare, senza esitare, anche situazioni non facilmente digeribili ai livelli
più bassi del Partito.
Ecco quindi il secondo momento di paura: finalmente si entrava in una
maggioranza, seppur complicata, ma non si è stati capaci di dimostrare che quello
era il nostro posto e che potevamo ragionare con i tecnici per cercare
soluzioni certamente drastiche e impegnative, ma magari meno pesanti.
Dulcis in fundo, l’ultima paura: la grande paura di governare.
Dopo l’ultimo turno elettorale, anche se di pochissimo e senza
ottenere la vittoria in entrambe le Camere, il PD ha vinto le elezioni.
La situazione complessa, oltre al fattore “porcellum”, ci ha messi
spalle al muro costringendoci alla fine a dover accettare di fare le larghe
intese con il centrodestra. Senza dubbio Enrico Letta e
la sua squadra di Governo non hanno un compito facile, perché cercare di
costruire, partendo da posizioni così differenziate, è senza dubbio un’impresa.
Ma perché dobbiamo aver paura di proporre e di agire?
Richiamando l’aldilà dantesco, il Partito Democratico, che potrebbe
aspirare al Paradiso, vaga nel Limbo, continuando a sbirciare verso l’Inferno.
Forse è proprio questo il nostro limite su cui lavorare in primis,
cioè cercare di far maturare un Partito che ancora fatica a credere in sé
stesso. Le correnti interne, le differenti opinioni, i franchi tiratori, sono
solo conseguenze di una debolezza che logora il partito dall’interno. Come un
virus.
Solo superando queste paure e cominciando a guardare avanti, facendo
attenzione al mondo che ci circonda, controllando il passato solo con gli
specchietti retrovisori e smettendo di voltarci e fare passi indietro, potremo
finalmente far crescere il PD e permettergli di diventare ciò che vuole ma
soprattutto può essere: la guida capace e serie per il nostro Paese.
1 commento:
Ho letto con piacere l'anlisi e l'esortazione finale di Alessandro Crimella, volta ad infondere entusiasmo in vista del congresso. Purtroppo il nostro partito continua ad incorrere in "incidenti di percorso" che sono molto più che incidenti: sono continue catastrofi (vediamo come il nostro partito sta reagendo in maniera scomposta e disordinata, senza una linea guida, sulla questione della condanna di Berlusconi in attesa della pronuncia definitiva della Cassazione), dopo le quali ogni volta viene da chiedersi come fa il PD ad esistere ancora come partito. La risposta che mi sono dato è che il PD è l'unico partito ancora esistente (tautologia?). Ma se non si avrà il VERO cambiamento col congresso, teniamo presente che il PD non è un Highlander.
Posta un commento